top of page

Il nostro cammino per Santiago

Cosa bisogna fare per partire? Certo, si deve preparare lo zaino ed indossare le scarpe giuste, ma poi? Cos'è la cosa che davvero ci dà la spinta giusta per muovere il primo passo?

La risposta è semplice e più facile da trovare di quanto si possa mai pensare; per partire serenamente, con solo il peso dello zaino a gravare sulle spalle, l’importante è abbandonare la propria “comfort-zone” con tutti i suoi pesi.

Nel secondo incontro del nostro gruppo abbiamo parlato proprio di questo luogo di partenza, che dobbiamo essere pronti ad abbandonare prima di partire e dove lasceremo tutte le cose che solitamente ci pesano sull'animo; per noi ragazzi questo posto è stato facilmente identificabile con la nostra stanza. Ci siamo così ritrovati a descrivere davanti al gruppo un pezzo così intimo e privato della nostra vita, per alcuni un vero e proprio specchio dell’anima, per altri un luogo come un altro a cui tornare ogni sera dopo una lunga giornata. Grazie a questa attività abbiamo potuto anche cogliere un nuovo lato dei nostri compagni, capire cosa si celi dietro la facciata che ci porgono tutti i giorni e vedere al didietro di essa, anche se solo per qualche istante.

Siamo giunti a questo lavoro a partire da un passo di “Lo Hobbit”, in cui abbiamo potuto vedere quanto Bilbo, il protagonista, sia simile a noi in questo momento; un viaggiatore in potenza, ancora legato alla propria bella abitazione e ai propri averi, ma che presto lo diventerà anche in atto, non appena si separerà da tutti i suoi pesi quotidiani.

Per l’uscita abbiamo, invece, fatto un’esperienza completamente diversa rispetto alla prima. Questa volta niente prati immensi e mucche che ci passano affianco, solo strada asfaltata e macchine. La nostra seconda uscita è stata infatti urbana e ci ha visto pellegrini fino al Santuario della Madonna del Divino Amore. Nonostante la nebbia e il freddo della prima mattinata, non ci siamo lasciati scoraggiare e ci siamo incamminati, immersi in questa nuova esperienza.

Osservare il paesaggio urbano alla velocità del passo umano è stato nettamente diverso che vederlo attraverso il finestrino dell’auto, ad una velocità decisamente più alta; così si notano tanti piccoli particolari che prima non si erano mai visti, come la quantità spropositata di rifiuti gettati sul ciglio della strada.

Arrivare al Santuario è stato, invece, molto diverso. Entrare in un luogo così pieno di significato e di sentimenti con tutta la fatica della camminata ad impregnarmi ancora i muscoli ha avuto un effetto particolare su di me; vedere tutti gli ex-voto del santuario, guardare quelle foto e leggere quelle frasi, mi ha reso estremamente calma, mi ha indotto in uno stato di concentrazione altissimo. Tutti siamo rimasti colpiti ed affascinati da quello che abbiamo visto, ognuno in un proprio modo diverso, ma io, in particolare, mi sono sentita molto coinvolta da quello che vedevo.

Questa seconda esperienza ci ha aiutato, oltre che sul lato tecnico per imparare a muoversi in ambienti urbani, a rinsaldare il legame di gruppo e anche, a mio parere, ad allenare la vista a guardarsi più attorno, a notare con più curiosità tanti piccoli particolari che solitamente rimangono nascosti all'occhio.

Flaminia


bottom of page